21a Vernasca Silver Flag, la passione non ha confini


Castell’Arquato, sull’Appennino piacentino, 18 giugno, sabato mattina. Arturo Merzario, il “cow boy” delle corse non rinuncia al suo cappello neppure quando, all’abbassarsi della bandiera del direttore di corsa, si lancia verso Vernasca con la “sua” Alfa SZ. Negli occhi la stessa luce di quando vinse la classe, proprio qui, con una SZ identica se non per il colore bianco anziché rosso. Pochi minuti dopo è la volta di Mauro Pregliasco. Oggi guida una Alfetta GTV ma l’emozione è la stessa del debutto, quando si schierò al via con la Fiat 850. Gian Luigi Picchi parte sgranando con precisione le marce della GTAM, Sandro Munari danza tra i tornanti con la Fulvia HF Gruppo 4, proprio come un tempo.

La Vernasca Silver Flag è la rievocazione, promossa dal Club Piacentino Automotoveicoli d’Epoca, della celebre cronoscalata che dal borgo medievale di Castell’Arquato sale fino a Vernasca. Il percorso è lo stesso di allora, da ripetere tre volte, due il sabato e una la domenica. Non è necessario correre: la formula del concorso d’eleganza dinamico premia la storia, l’originalità e il fascino delle vetture.

Nel paddock ci sono piloti di fama e semplici appassionati, marchi di prestigio e piccole sport artigianali; turismo, gran turismo, monoposto e modelli anteguerra. Decine e decine di storie uniche, affascinanti che solo una “memoria di ferro” non può dimenticare. La Silver Flag, in questi suoi ventun anni di vita, ha dimostrato di avere una memoria inossidabile. Tanta da riuscire a trasformarsi da un raduno per collezionisti in un’enciclopedia storica dell’automobilismo sportivo ormai conosciuta e invidiata in tutto il mondo. Tanto che la prima sfida affrontata dagli organizzatori è stata proprio selezionare i 228 equipaggi ammessi – per limiti logistici - tra le oltre 300 domande di partecipazione giunte da 9 Paesi.

Tema della rassegna è stato, quest’anno, il “cuore sportivo” dell’Alfa Romeo per raccontare una leggenda fatta di uomini, automobili, tecnologia e vittorie sull’asfalto dei circuiti e delle prove stradali di tutto il mondo. In omaggio a questa storia sportiva, gli organizzatori hanno proposto, oltre alle salite, anche uno shake down il giovedì in pista a Varano.

Nel week end la bandiera dello start ha salutato 78 auto della Casa milanese. I modelli iscritti hanno permesso di rileggere un secolo di sport automobilistico. Le 1500, 1750 e 2300, a sei ed otto cilindri, hanno evocato l'epopea rombante della Mille Miglia. Sembrava sospinta dal vento la 1750 Aprile con carrozzeria aerodinamica disegnata da Mario Revelli de Beaumont ed oggi nella collezione di Corrado Lopresto. È invece stata iscritta direttamente dal Museo Storico Alfa Romeo la 2300 8C Le Mans che nel 1831, affidata all’equipaggio inglese Lord Howe-Henry Birkin vinse la maratona francese alla media di 125,735 km/h.

Nel dopoguerra nella categoria Turismo spopolavano le 1900, qui nell'esemplare guidato da Felice Bonetto nella Carrera Panamericana, oggi di Mario Cajani e della Scuderia del Portello. Tante le identità della Giulietta e della Giulia: aggressiva la TI che appartenne ai fratelli Leto di Priolo, sportiva la Sprint Veloce, elegante la Spider, esclusiva la SZ di Zagato, futuristica la SS di Bertone, destinata a segnare un'epoca la Spider.

È tornato ad echeggiare per la Valdarda il rombo delle TZ, basse sul posteriore come animali pronti a saltare, e delle Giulia GTA, spesso su tre ruote: un tempo bastavano per battere fior di avversari, oggi mandano in visibilio gli appassionati. Possente il ruggito delle 33, nelle varie versioni a 8 e 12 cilindri, veloci e aggressive come quando, negli anni Settanta conquistarono vittorie e titoli nei Campionato Sport Prototipi. Le 75 Evoluzione, SZ Trofeo, la 155 D2, un prototipo Castagna e le moderne 8C e 4c hanno, infine testimoniato quanto ancora oggi la meccanica non abbia solo memoria ma palpiti di emozione.

Con un parterre tanto qualificato è ben comprensibile che le Alfa Romeo abbiano fatto incetta di premi. Best of show vetture anteguerra è stata eletta la 6c 1750 GS Brianza, una delle due sole esistenti, ora nella collezione di Axel Marx, mentre tra le auto postbelliche un nuovo alloro si è aggiunto al ricco palmares della 33 12 cilindri, ancora nella sua livrea Fernet Tonic, di Massimo Comelli. Ed ancora successo Massimo Cremascoli e della sua Giulietta SZ coda tronca nella categoria gran turismo e della 8c 2300 Le Mans del Museo Storico della Casa tra le anteguerra.
La Giulia Gta 1600-1965 dell’equipaggio aretino Fantini/Cecconi si è aggiudicato il premio Tag Heuer per la vettura più rappresentativa delle gare in salita. la1900 SSZ di Luca Zarenghi ha meritato il premio ASI per il miglior restauro. Il primo proprietario della vettura presentata, Esteban Sala, fece elaborare il motore dal famoso “mago” torinese Virgilio Conrero nel 1955 per partecipare a competizioni sia in pista che su strada ad iniziare dal debutto al rally di Montecarlo. Il trofeo Paolo Silva è andato alla Giulietta Sz-1960 di Peter Bruppacher, il trofeo Giuseppe Merosi alla 6c 1500 sport-1926 di Stefano Piccolo, il trofeo Lanati alla Giulietta Ti-1958 di Leto di Priolo / Morteo ed il trofeo Jobs alla Giulietta SZ coda tronca half restored di Corrado Lopresto.

Non meno importanti gli altri riconoscimenti. Premio ASI per la miglior conservazione alla Maserati 150S di Massimiliano Bistrot, Trofeo Maserati per Andreas Mohringer e la sua 150 GT, Trofeo Circuito di Piacenza Ferrari ad Egon Hofer su Ferrari 250 Gt Berlinetta SWB, Trofeo Silvano Maggi Ferrari più vittoriosa a Paolo Casella su 212 E Berlinetta, Trofeo Registro Fiat ad Aldo Gadioli su 8V Zagato, Trofeo Abarth a Christophe Pont sulla sport 3000 V8 SE 020-1970, Trofeo Porsche Italia a Romeo Balli su 904 Carrera GTS e Trofeo Giuseppe Figoni Carrozziere a Kai Desinger su Lancia Aurelia B24 America. La Fiat Ritmo Abarth ex Attilio Bettega di Alfredo Sfulcini, la Waldangrind-Maserati Parson di Mario Battistella e Lancia-Lc1-1982 di Stefano Macaluso sono state le più ammirate nelle categorie Turismo, Sport e Sport Prototipo, mentre la Fiat 1100 Bosato formula Junior di Walter Faralli e la BRM-P 180 F1 ex Beltoise di Lange Holger Si sono distinte rispettivamente tra le monoposto a motore anteriore e posteriore. Trattandosi della rievocazione di una cronoscalata non avrebbe potuto mancare la regina delle salite: quest’anno la Abarth 1300 OT Periscopio di Antony Berni. La giuria popolare ha invece espresso le proprie preferenze per la Lancia Lc1 di Stefano Macaluso, cui è andato il premio COYS "Spirit of motoring".

Se la Silver Flag ha il profumo del mito per i piloti e le auto che vi partecipano, altrettanto si può dire per gli spettatori che hanno la possibilità di partecipare all’evento praticamente con tutti i sensi. In primo luogo la vista, perché si possono vedere modelli che non compaiono neppure sulle riviste specializzate. E poi, soprattutto, l’udito, poiché i motori delle auto da corsa hanno un rumore oggi introvabile. Ma anche l’olfatto (per i “profumi” di olii, benzine e miscele che fanno impazzire gli appassionati) e il tatto, visto che le auto protagoniste possono essere toccate e accarezzate, catturate in fotografie da conservare in hard disc, negli occhi, nel cuore, nei sogni...






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